Il museo Mudec di Milano fino al 14 aprile 2019 ospita una mostra che ha fatto parlare di sé in lungo e in largo, “A visual protest. The Art of Banksy”, una rassegna realizzata con la curatela di Gianni Mercurio.
Un artista noto per aver predicato “l’anticopyright” dell’arte lottando contro la proprietà privata della stessa, esposto in mostra in un museo pubblico, senza la sua diretta autorizzazione. Sembra pazzesco, eppure è tipico del “Banksy contorno”. Da sempre infatti il nome dell’artista viene associato non solo al mistero, dato soprattutto dall’impossibilità ancora oggi di tracciare una sua biografia- di lui non si conosce ancora l’identità- ma anche e soprattutto alla polemica.
Molto appropriate le parole del sindaco della città meneghina Giuseppe Sala, il quale sulla scia del sorprendente e recente episodio in cui una celebre opera di Banksy si è autodistrutta durante un’asta, dice :“Milano, che da mesi aveva già in calendario la mostra al Mudec, dimostra di aver fatto ancora una volta centro nell’esplorazione della contemporaneità con un’offerta espositiva scientificamente consapevole e attraente”. Parole quanto mai calzanti, poiché per un motivo o per un altro la mostra ha fatto parlare di sè, e continua anche dopo mesi, senza smettere di attirare tantissimi visitatori anche da fuori Italia. Perché Banksy è al contempo l’artista che non vuole far sapere nulla di sé, ma che più di tutti arriva alle masse senza eguali. E’ chiaro, immediato, arriva subito, colpisce, suscita delle reazioni con la sua arte provocatoria e anticonformista.
Questa mostra costituita esclusivamente da opere di proprietà privata, corredate anche di documenti e video, nasce per vedere oltre l’artista stesso e per rispondere ad una sorta di interrogativo “cosa c’è oltre Banksy?”. Per conoscerlo meglio è opportuno comprendere il suo linguaggio fortemente legato a correnti artistiche del passato riportate in vita attraverso la sua arte. La sua tendenza alla sperimentazione, la conoscenza del territorio in cui si muove e della stessa realtà urbana che fanno da contesto all’opera e sopratutto la modalità irriverente di accostare i soggetti: queste sono tutte caratteristiche che Banksy ha ripreso dai movimenti artistici di critica e polemica che partono dagli anni’50 fino ai giorni nostri.
A distinguere e colpire specialmente nell’arte di Banksy, caratterizzata dall’uso degli stencil, è principalmente il fatto di sovvertire idee a noi tutte note riproponendole in maniera ironica con accostamenti stridenti, in modo da suscitare una forte reazione.

Tra le opere in mostra ad esempio c’è Flower Thrower, e da questa immagine tutti ci si aspetterebbe di vedere che il ragazzo lanci da un momento all’altro una bottiglia molotov, la sua è invece una resistenza attiva sì, ma pacifica, per questo in mano tiene un mazzo di fiori.
Churchill viene riproposto in Turf War Signed attraverso l’uso di un gesto definito da Banksy stesso di “vandalismo creativo”. Il suo più celebre ritratto fotografico del 1941 ad opera di Yousuf Karsch, viene infatti ripreso e vandalizzato dalla comparsa di un crestino verde totally punk.


In Napalm la purtroppo celeberrima vietnamita Kim Phùc ripresa dal fotografo Nik Ut mentre corre scappando dal bombardamento, è qui tenuta per mano dalle mascotte odierne Topolino e Ronald McDonald, i cui sorrisi stridono con l’urlo muto di dolore della bambina. Tutto è il contrario di ciò che che ci si aspetta, i poliziotti scortano camionette di ciambelle (Donuts), oppure fanno gestacci come in Rude Copper.
L’artista, specialmente quello di strada, è simbolicamente rappresentato dal ratto, al contempo anche metafora della dimensione di collettività. Si tratta di un animale che popola le città di nascosto, che si muove nell’ombra dei bassifondi, ma che fa sentire sempre la sua presenza, un essere in grado di sopravvivere a qualunque catastrofe. In mostra sono esposte una serie di opere dedicate a questo animale, in alcune l’artista “vandalo di strada” è rappresentato dal topo armato di vernice e pennelli.

Critiche a viva voce contro la società, contro la guerra, contro la globalizzazione, contro il mondo dell’arte stesso che è popolato da consumatori animati solo ed esclusivamente da un senso di possesso, ma incapaci di comprendere realmente il senso di ciò che acquistano.
Durante la rivoluzione sovietica del 1918 il poeta Vladimir Majakóvskij con le parole “ Siano le strade un trionfo dell’arte (decreto n.1 sulla democratizzazione dell’arte)” può aver inspirato Banksy, il quale ha potuto trovato nelle strade un luogo per comunicare al mondo la sua arte. Senza dubbio vedere dal vivo un muro marchiato Banksy, con un’opera concepita nell’idea di nascere e magari morire in poco tempo, che spunta dove meno te lo aspetti e dove mai crederesti di poterla vedere, susciterà reazioni e sentimenti diversi da quelli che possono nascere vedendo questa mostra. Ma la totalità e il gran numero delle opere di “A visual protest. The art of Banksy”, con l’aggiunta di documenti e filmati video accattivanti e istruttivi, fanno di questa rassegna un’interessante strumento critico e completo, che fornisce al pubblico un’occasione per interagire con la contemporaneità dell’arte, di fronte alla quale ci pone questo artista assolutamente unico al mondo.
A cura di Martina Bastianelli
Per info e dettagli sulla mostra visitare http://www.mudec.it/ita/banksy-mudec-milano/

Martina Bastianelli

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